Sarà obbligatorio sanificare o meno gli abiti provati in un negozio?

29/11/2021

Fase 2 . Il 18 Maggio riapriranno parrucchieri, bar e ristoranti e i negozi di abbigliamento: in tutti i casi, bisognerà seguire regole simili a quelle già oggi applicate nei negozi rimasti aperti come gli alimentari. Quindi, limitazioni al numero di clienti che possono entrare in base alla superficie del negozio, sanificazione, protezioni individuali, distanziamento sociale, dove possibile ingresso e uscita differenti. Ma non solo: a queste norme generali se ne aggiungeranno altre modulate in base alle specifiche attività. I negozi di abbigliamento dovranno sanificare gli abiti ogni volta che vengono provati? Sembra essere questo il dilemma che accompagna la prossima riapertura dei negozi di abbigliamento, fissata oramai per giorno 18 Maggio. Ma è obbligatorio o no sanificare gli abiti provati in un negozio?



L’esempio della Cina

Possiamo guardare all'esempio della Cina dove i negozi, soprattutto, le grandi griffe del lusso hanno già aperto i battenti. Come scrive Il Sole 24 Ore, le regole da rispettare sono severe: le autorità governative impongono ai proprietari delle boutique di fornire mascherine ai dipendenti e controllare temperatura all'ingresso degli edifici o dei centri commerciali, occupandosi della sanificazione delle aree pubbliche. In negozio si devono fornire spray per sanificare le mani ed è obbligatorio l’uso di mascherine.


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L’obbligo o meno di sanificare gli abiti provati in un negozio

Un’enigma per l’opinione pubblica mentre i rappresentanti delle imprese del settore non hanno dubbi: “Non c’è alcun obbligo perché non è stata dimostrata scientificamente la trasmissione del virus attraverso gli abiti” ha spiegato a Il Salvagente Massimo Torti, Segretario Generale di Federazione Moda Italia-Confcommercio, sottolineando la necessità di attenersi strettamente alle disposizioni del ministero della Salute per non diffondere paura oltre che notizie prive di fondamento scientifico. Il vero problema sta nel come trattare i capi: «Al momento non c’è alcuna prescrizione in materia. E la questione non è ancora emersa nemmeno nella commissione dei virologi» spiega Diego Pedrali, vicepresidente nazionale di Federmoda «Chiaro però che non si può pensare di sottoporre un qualsiasi capo una volta provato ad un procedimento del genere, diventerebbe impossibile lavorare».


Candeggina e alcol sui vestiti?

E in effetti, i negozi di bambini che hanno già aperto da qualche settimana, non applicano alcuna sanificazione (L’Allegato 5 del dpcm 10 aprile raccomanda per le attività commerciali anche pulizia e igiene ambientale, adeguata aerazione naturale, disponibilità di sistemi per la disinfezione delle mani, informazione per garantire il distanziamento dei clienti in fila per entrare e soprattutto l’utilizzo di mascherine nei luoghi o ambienti chiusi e dei guanti “usa e getta” ). Oviesse, la nota catena di abbigliamento, ad esempio, non permette di provare gli abiti in negozio ma lascia trenta giorni di tempo per il cambio promettendo di sanificare gli abiti che rientrano prima di rimetterli in vendita. Il ministero della Salute – aggiunge – nella circolare 5443 del 22 febbraio 2020 ha chiaramente indicato la candeggina e l’ipoclorito di sodio come le uniche sostanze da usare per eliminare il virus e va da sé che non possono essere utilizzate sugli abiti”. Altri prodotti e altre sostanze (il riferimento è all'ozono e alla radiazione con i raggi ultravioletti e con il vapore a 100 gradi ndr) non sono da ritenersi efficaci.

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