Un secolo disegnato a matita, pastelli e gessetti

2021/01/01

Il marchio ha compiuto 100 anni e quindi questo è anche un libro celebrativo aziendale, ma siccome l’azienda è Fila - quella delle matite colorate, dei pastelli e pennarelli Giotto, di acquerelli e gessetti, dei Tratto Pen, del Das e del Didò - il volume lo ha fatto Corraini e son 240 pagine in carta che è un piacere toccare e con illustrazioni che non si finisce di guardare (Cento anni di Fila, Corraini, pp. 240, € 28). In parte son pubblicità vintage o tavole che vengon da cataloghi, in parte disegni di Andrea Antinori, Premio Andersen nel 2017. C’è anche da leggere, ed è un pezzo di amarcord d’Italia e personale di ognuno di noi, scritto da Valerio Millefoglie, scrittore artista musicista. Da lui ci facciamo raccontare che Fila nasce un secolo fa producendo matite (Fabbrica Italiana Lapis & Affini) fatte a Firenze con la grafite della Val Chisone e il legno di cedro della California. Scopriamo che nel boom dei Sessanta le imprese italiane ordinano stock di matite-réclame col proprio marchio tipo «Guttalin scarpe lucide» e «Olio Sasso cura stomaco fegato intestino»; che nei Settanta il patron s’inventa il matitone per truccare gli occhi visto che la moglie si feriva usando le matite da disegno; che sempre nei Settanta arriva il Compasso d’Oro per Tratto Clip e Tratto Pen e questa finisce pure al Moma di New York; che negli anni Ottanta l’azienda acquisisce il mondo del Das e del Pongo e piccoli scultori crescono. Nei Novanta, poi, Federico Fellini racconta sulla Stampa che da piccolo a Natale riceveva «matite colorate Giotto». E a proposito di «testimonial», la seconda parte del libro è tutta di ricordi di personaggi noti e non. C’è l’ascensorista sempre con taccuino e matita per ricordarsi gli ingranaggi dei montacarichi, il madonnaro che lavora coi gessetti sull’asfalto, fumettisti come Angelo Stano di Dylan Dog e poi alcuni scrittori. Simonetta Agnello Hornby ricorda che con le matite Giotto disegnava il paesaggio siciliano e ci aggiungeva le belve del Libro della Giungla; mentre Andrea Vitali dice che le prime stesure dei suoi romanzi le scrive tutte a matita e conserva i mozziconi, che poi mostra raccolti in un bel vaso sul tavolino del salotto.


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